Vedere quello che noi saremo fra un po’ di tempo, se avremo la fortuna di arrivarci, tra quelle mura, e' un po' come vederci senza dignità. Vedere i nostri nonni o genitori nelle case di riposo, pulite, ordinate, con infermieri attenti e gentili, e' una di quelle cose che ti prende lo stomaco per salire fino agli occhi e non fermare il magone che si tramuta in pianto. Erano lì, sulla carrozzella, sulla sedia, a letto, tremanti, mormoranti. Uno di loro, chissà, forse la “Ferrari” del gruppo, aiutava gli inservienti ad apparecchiare, memoria chissà, forse, di quando aiutava la moglie ad apparecchiare la tavola di casa per loro e i loro figli. Lì, tanti estranei tra le stesse anonime mura. Senza i ricordi, un porta fotografia con dentro un nipotino, un quadro scelto per un anniversario, una coperta fatta a mano dalla cugina preferita, un pentolino consunto dal tempo. Lì, tutto tanto pulito e ordinato quanto freddo, anonimo, impersonale. Tutti con la giornata scandita da qualcuno che te la impacchetta e predetermina senza la possibilità di scegliere. Lei ha continuato a ripetere “non mi posso lamentare, il mangiare e' buono e sono gentili" e io avrei voluto chiederle "zia, sei felice?". Ma la risposta la conoscevo. Non puoi essere felice se pensi di dover solo aspettare la morte e ti viene tolta la dignità di aspettarla a casa tua, magari circondata e accudita da quei figli che hai cresciuto, accarezzato, consolato. Tu li hai portati per mano verso la vita, loro non hanno voglia di portarti per mano verso la morte. No, non puoi essere felice, zia, puoi giusto non lamentarti perchè il mangiare e' buono e loro sono gentili.
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