giovedì 31 maggio 2018

Erano molti ormai quegli attimi. Sempre più frequenti, Sempre più ingestibili. E la destabilizzavano sempre di più. L’unica differenza era che ora iniziava a riconoscerli e a dire a voce alta a se stessa da dove provenissero. Come se il chiamarli potesse demolirli. Un po’ come era successo per quelli fisici quando, dopo qualche svenimento che l’aveva portata addirittura in ospedale, aveva imparato a riconoscere quegli strani giramenti di testa. E allora si appoggiava, si sedeva, respirava. Aveva imparato a gestirli, non erano passati ma l’esperienza e le cadute nelle quali spesso si era fatta male, l’avevano resa più attenta, più guardinga. Quasi esperta. Così lo stava diventando anche per il male oscuro.
Arrivava dal fondo dell’anima e l’avvolgeva, travolgendola. Erano come un fiume nero e profondo che arrivava da lontano e cominciava a cospargerla come un fiume di lava avrebbe fatto con una valle. Tutto diventava cosparso e buio e soffocante. Non esisteva più neanche un piccolo spazio della sua testa e delle sue viscere libero e sgombro da quella melma. Era allora che annaspava e doveva rinchiudersi per un istante da qualche parte. Doveva sedersi e respirare a fondo e ricordarsi che da qualche parte c’erano ancora cose belle, che ce n’erano state, che non era quello il male vero contro il quale combattere e che quella non era la realtà. Ed era allora, quando la parola realtà veniva chiamata in aiuto, era allora che lei si rendeva conto di essersi trasferita in un altro mondo. Dove tutto era stato manipolato e stravolto e bruciato. Come ora sentiva la sua anima. Fuoco divoratore.

Merluzzo ... Bianco rosso e verde

Ho scongelato due filetti di merluzzo da circa 150 grammi l’uno. Ho sminuzzato circa 10 pomodorini sardi lasciandoli sotto sale grosso per circa 1 ora affinché perdessero acqua in eccesso. Ho tagliato e poi frullato circa 15 olive verdi giganti e saporite. Ho riposto il pesce in una padella di pietra con 3 cucchiai di olio e i pomodorini lavati per togliere il sale in eccesso. Ho cotto girando delicatamente per circa 5 minuti per lato. Ho versato la crema di olive sui due piatti e poi vi ho adagiato i filetti.
Colori invitanti, sapore gustoso.
Le foto dei piatti in arrivo …

mercoledì 30 maggio 2018

Il temporale era arrivato violento e improvviso, quasi a voler lavare via quella giornata dolorosa ma aveva portato con se ricordi indelebili che nessuna tempesta avrebbe potuto spazzare via.


Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te.
(Franco Battiato)

Crema fredda di legumi

Ho frullato 100 grammi di ceci, 100 di fagioli cannellini, 100 di lenticchie. Ho passato in padella con olio, sale, pepe e curcuma. 
Ho servito la crema fresca con grissini caserecci integrali. 
Vivi ogni giorno come se fosse ogni giorno. Né il primo né l’ultimo. L’unico.
(Pablo Neruda)

Ci teniamo tutti ad essere accettati ma dovete credere che i vostri pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani ed impopolari. 
Come ha detto Frost “Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta, ed è per questo che sono diverso”.
(Dal film L’attimo fuggente)
Era stato un attimo, un soffio di vento in quel caldo soffocante e la città, che sembrava non volersi fermare mai, aveva fatto da spettatrice. Lei, imprevedibilmente, lo aveva visto ma non aveva avuto il coraggio di fermarsi. Troppe forti le ultime parole ascoltate. Troppo doloroso tutto per essere affrontato da sola. Perché ne era certa. Lui l’aveva vista ma aveva tirato dritto. Non ne voleva sapere più di lei. Più nulla, perché troppa la ferocia irrazionale rabbia che lo aveva rapito sempre di più fino a non fargliela più vedere con il cuore. Lei si era voltata ma lui era andato oltre. Erano andati oltre tutto e nulla sarebbe stato più lo stesso. I clacson avevano preso ad urlare, la testa a girare, la gente intorno un vortice di voci attutite e confuse. Lei aveva raggiunto quell’angolo, e lì, in mezzo ad una città sconosciuta e bruciante, si era accasciata. Troppo il dolore di non voler essere più vista. Troppo per aver solo provato a desiderare solo la normalità.

Il tonno incontra l’insalata

Ho scongelato per qualche ora due tranci di filetti di tonno di circa 200 grammi l’uno. Ho tagliato a cubetti e passato in semi di papavero in modo da impanare tutti i cubetti in modo omogeneo. Li ho quindi passati in una padella antiaderente bollente per qualche minuto facendo in modo che il dentro restasse morbido e solo leggermente cotto.
Ho pulito songino e tagliato a rondelle zucchine e carote dopo averle lavate e pulite.
Ho preparato una corona di verdure condendole con una emulsione di limone, sale e e pepe.  Ho riposto, al centro, il tonno e l’ho irrorato con crema di aceto balsamico di riserva.

Qualche grissino a tavola e vino vermentino di Sardegna fresco a tavola.
Si erano detti mille volte “Ora basta, questo è il fondo oltre il quale non posso più permettermi di andare” e  avevano detto all’altro per altrettante volte “Basta, non posso permetterti di farmi così tanto male, non ne hai nessun diritto”. Ognuno aveva le proprie ragioni, e le une non erano alcune più giuste delle altre. Erano semplicemente finiti in una strada senza uscita quando, forse, quella strada non si sarebbe mai dovuta imboccare o che forse, da strada avrebbero potuto trasformare in piazza. Non lo avevano mai saputo perché. Non avrebbero mai saputo se. Sapevano solo di essere insieme la salvezza e lo sfacelo, il cielo e la distruzione totale. Erano saliti, senza acquistare un biglietto regolare, su una giostra pericolosa, alta e velocissima. Avevano cercato di fermarla molte volte, senza mai riuscirci. A volte ne erano scesi all’improvviso lasciando l’altro continuare a girare da solo percosso e basito. Altre volte avevano condiviso il non fare il giro successivo. Ma, poi, ogni volta erano risaliti senza accorgersene come drogati. Erano stati catturati e stregati, ogni volta, talmente tante da non contarle più, da quella montagna russa senza fine che li faceva precipitare e poi risalire. Erano boccate d’aria, quelle che prendevano all’avvio, che facevano sembrare tutto possibile e il panorama meraviglioso ma poi, arrivava quella curva improvvisa, in discesa libera e allora c’erano le urla di angoscia, di spavento, di paura, di sorpresa. C’era di nuovo lo sconforto e il vedere, giro dopo giro, dopo giro, la vita laggiù, passare, senza essere vissuta ma solo vista, mai afferrata, ma solo raccontata. Erano derelitti di loro stessi, uccisi da una non vita, soffocati dalle paure, spaventati da ciò che non esisteva. Erano su quella giostra da sempre ma ognuno dei due aveva continuato a volare da solo senza prendere la mano dell’altro e alla fine, ciò che ne restava di loro, era scesa, continuando a guardare lassù, verso l’alto, quei due fantasmi continuare a volare e sognare.

Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi.

Gilbert Keith Chesterton


domenica 27 maggio 2018

Mini hamburger con pecorino

Ho riposto in una padella di pietra, con una noce di burro, piccoli hamburger di carne piemontese. Ho salato e pepato girando delicatamente e cuocendo tre, quattro minuti per parte. Ho spolverizzato con pecorino marchigiano e servito con pane nero e insalata di pomodori sardi.


L’estate era arrivata senza bussare, ne’ chiedere permesso. Con quella sfacciataggine di chi sa di poter essere più prepotente di tutto. Più forte e vincente. Con quelle sue aspettative che poi venivano disilluse da sempre ma che ogni volta la facevano credere unica e indimenticabile. Era arrivata così, senza essere chiamata, ne’ desiderata. Avrebbe proseguito facilmente con giornate più corte e scure perché tutta quella luce, che da bambina era pura felicità, ora si scontrava con ciò che non sarebbe successo e con la sua anima inquieta e buia.

I muffins della visita ...

Ho lavorato 2 uova a pasta gialla (appena prese in cascina) con 100 grammi di yogurt greco, 70 di burro, farina 1 biologica q.b., la punta di un cucchiaino di lievito pasta madre. Ho mescolato con una frusta a mano e ho aggiunto 3 pere abate tagliate a fettine sottili. 
Ho riempito 11 stampi muffins e cotto a 190 gradi per circa 30 minuti.
Mamma Vita e i suoi “cuccioli” hanno apprezzato.
PS Nove nel vassoio erano meglio!



mercoledì 23 maggio 2018

Ti porto nel cuore, perché per mano non lo posso fare.”
L’ho letta oggi. Sgorga dal cuore. Va dritta all’obiettivo. Ed è così bella e struggente da fare male. Fino in fondo, nel profondo. Lacerante.
Forse l’hanno detta a noi prima di lasciarci sul ciglio della strada come se, diversamente, non fosse possibile altro. Come se lasciare dipendesse dal  qualcosa di astratto e indipendente da una scelta volontaria. Come se ci fossero delle circostanze non gestibili. Come se fosse altro oltre al “non ti voglio più”. E allora non c’è consolazione ma rabbia e dolore.
Forse la dedichiamo noi a chi non c’è più ma siamo certi ci senta, veda e viva comunque.
La vorremmo al nostro fianco, ridere, guardare, passeggiare, e non averla più a portata di mano ma solo a portata di cuore non è una definitiva consolazione. E ci arrabbiamo con la vita che ci ha strappato un pezzo di noi. La rabbia, poi, a volte, scema di fronte ad una cosa più grande di noi,  la cui responsabilità può essere diversamente imputabile ma che a tutti, prima o poi, tocca. All’improvviso o con tempo. Sentiamo allora, lentamente, molto lentamente, un tiepido sentore di consolazione. Forse perché sappiamo che, presto o tardi, quella mano la stringeremo ancora e forte. Nel frattempo ci scaldiamo il cuore. O proviamo a farlo. A lei, a me, a tutti coloro che.

martedì 22 maggio 2018

Viaggiando tra i blog di chi legge ...

Non è facile amare
le donne che leggono molto.
Sono ironiche e autoironiche,

leggere e distaccate,
mai superficiali.
Sono complicate e passionali,
hanno l’anima fragile
e lo spirito indomabile.
Sanno stare bene con se stesse
e vivono talvolta vite parallele.
Sono a volte imprevedibili
e un po’ folli,
ma con loro non saprai mai
cos’è la noia!
Donne così puoi amarle
solo molto intensamente,
forse ti scontrerai,
ma le rispetterai sempre.
Per loro, leggere un buon libro
ha qualcosa di magico,
libera l'immaginazione
e le fa viaggiare con la mente.
Fa vibrare l’anima,
le fa volare con la leggerezza delle farfalle.


domenica 20 maggio 2018

Roselline al caprino e olive

1 uovo, 250 grammi di caprino morbido e saporito, sale, pepe, 50 grammi di burro, 10 olive verdi a pezzetti, 1 pizzico di lievito per torte salate. 
220 gradi per 30 minuti. 
Invece del solito pane ...
Dal cuore al cuore 

martedì 15 maggio 2018

Ogni volta era così. Non erano più capaci di intendersi. E si massacravano. Forse non avevano mai veramente parlato la stessa lingua, per poi alla fine recriminare il non capirsi. Se avessero avuto un po’ di lucidità e di coraggio forse se lo sarebbero detti, forse lo avrebbero ammesso, ma era più facile così. Altra responsabilità non l’avrebbero sopportata. O forse erano solo confusi e codardi. Come tutti quelli che perdono la strada. Come tutti quegli stupidi che si innamorano senza raccontarselo, senza costruirlo, senza condividerlo veramente. Come tutti quelli che si tuffano bendati, sciocchi presuntuosi, quelli che credono di comandare la vita mentre alla fine si trovano solo schiavi o tristi o inermi. Come tutti quelli che un nome o un destino non lo avevano guardato, insieme, guardando verso l'orizzonte. Come tutti quegli stupidì che si illudono che non soffriranno, che si divertiranno, che ne usciranno indenni o addirittura vincitori. Ed ora erano solo stracci e polvere e reduci di guerra. Di una guerra che poteva avere mille nomi. Amore, passione, schiavitù, droga, ma che alla fine era solo una cosa. Dolore e solitudine. E anche se pensavano, illusi, di essere in qualche modo insieme per cinque minuti o una notte, non erano altro che fantasmi soli. Senza più nulla. Senza più neanche se stessi. 
I sogni sono una breve pazzia, e la pazzia un lungo sogno.
(Arthur Schopenhauer)



domenica 13 maggio 2018

Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare… Ma soprattutto: il mare chiama…
Non smette mai, ti entra dentro, ce l’hai addosso, è te che vuole…
Puoi anche far finta di niente, ma non serve.
Continuerà a chiamarti…
Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.

(Alessandro Baricco)

Le lasagne in bianco della mamma

Besciamelle, scamorza e asparagi.

Pranzo della domenica

Filetti di merluzzo con olive verdi greche, paprika e curcuma indiane.
Coste, cicoria, bietole e patate con olio, sale e peperoncino.
Macedonia di uva senza semi, fragole e nespole con miele e succo di arancia.

venerdì 11 maggio 2018

Roselline soia banana e nutella

Ho lavorato 1 uovo a pasta gialla, 125 grammi di yogurt alla soia, 1 bicchierino di zucchero bianco, 1 banana tagliata a fettine sottili, 2 bicchierini di farina antigrumi, 1/2 cucchiaino di lievito vanigliato. Ho versato un cucchiaio di impasto, 1 di Nutella e 1 di impasto. 190 gradi per circa 35 minuti. 
Se in quell’istante, al suono di quella musica già ascoltata eppure così fresca, si fosse lasciata andare, la valanga che cercava di arginare continuamente, probabilmente l’avrebbe travolta e allora sarebbe stato difficile raccontare, alla gente che affollava la piazza, cosa stava per succederle. E anche lui, al suo fianco, che sapeva tutto ed era stato testimone oculare del passato e ancora lo era del presente, l’avrebbe guardata sorpreso e incredulo. Si sarebbe chiesto cosa mai potesse mancarle per essere in quello stato d’animo. E lei avrebbe provato sulla pelle, ancora quella strana e ricorrente sensazione di essere un’anima fuori dal coro. Aveva trattenuto tutto. La musica, le emozioni, le parole. La vita le era scorsa davanti e ora, e sempre di più, aveva chiaro cosa le mancava e per sempre le sarebbe mancato. Il tempo perduto, le occasioni perse, i baci non dati, la sabbia non calpestata, la luna testimone di un bacio, un figlio da accudire, un tramonto da vedere, un film da commentare, gli amici in comune, i dibattiti politici, i commenti ai quotidiani a colazione, i parenti noiosi da condividere e sopportare, un vestito da scegliere insieme, una chiesa da visitare, un lento da ballare, un calice da gustare. Una stupida complicata inutile vita che non sarebbe stata né migliore, né più ricca, né più appagante di tutte le altre di quella piazza al suono del jazz ma, proprio perché non vissuta, sarebbe rimasta per sempre unica meravigliosa e da desiderare e l’aria aveva ricominciato a mancarle.

Dance me to the end of love

DANCE ME TO THE END OF LOVE
Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic ’til I’m gathered safely in
Lift me like an olive branch and be my homeward dove
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love

Oh let me see your beauty when the witnesses are gone
Let me feel you moving like they do in Babylon
Show me slowly what I only know the limits of
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love

Dance me to the wedding now, dance me on and on
Dance me very tenderly and dance me very long
We’re both of us beneath our love, we’re both of us above
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love

Dance me to the children who are asking to be born
Dance me through the curtains that our kisses have outworn
Raise a tent of shelter now, though every thread is torn
Dance me to the end of love

Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic till I’m gathered safely in
Touch me with your naked hand or touch me with your glove
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Il mare senza di lei non sarebbe stato mai più il mare. Ma questo, lui lo capiva bene, non sarebbe stato il problema. Era che, senza di lei, anche quando lei sporadicamente appariva nella sua vita senza un tempo e senza un luogo, per poi scappare di nuovo da dove era arrivata, nulla era e mai sarebbe stato più come prima.
Non poteva credere di essere arrivato a quel punto. Era così tanto frastornato da questo sentire, che aveva prevaricato la razionalità, che era certo di essersi ammalato. Impossibile da raccontare a qualcuno. Difficilissimo da spiegare anche a se stesso. Non poteva credere che quello che aveva ridicolizzato per tanto tempo, leggendolo qua e là o ascoltando storie riportate di amici e conoscenti, ora fosse successo a lui.
Il sole si era sbiadito, la pioggia si era asciugata, il vento si era affievolito, il blu era divenuto azzurro. Il sale era sciapo, lo zucchero meno dolce, il pepe insipido.
Partire era diventato un peso, allontanarsi da dove sapeva avrebbe potuto incontrarla anche solo respirandola, un supplizio. Nel cuore della notte si svegliava e il fiato corto diventava una morsa inarrestabile che lo portava ad alzarsi per provare a riprendere il controllo del cuore.
Non era più stata tranquillità, non era più stata pace. Né quando lei lo aveva lasciato dandogli la possibilità di riprendere in mano qualche pezzo di sé, né quando lei tornava.
L’essenza ruvida della realtà che la faceva essere evanescente e mai, anche nella apparente presenza, presente quanto lui avrebbe avuto bisogno di sentire, vedere, vivere, aveva stravolto la vita che non riusciva più ad essere quella che era stata prima di lei. Una vita sentita, goduta, afferrata. Era come se, l’amore per lei, impossibile e inafferrabile, avesse rapito la vita portandola via con lei.

giovedì 10 maggio 2018

Non ti ho amato per noia, o per solitudine o per capriccio. 
Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità. 
E lo sapevo che poi la vita non è abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce a immaginarsi il desiderio. Ma non ho cercato di fermarmi, né di fermarti. 
Sapevo che prima o poi l'avrebbe fatto lei. 
E lo ha fatto. 
È scoppiata tutto d'un colpo.

Alessandro Baricco
Oggi ho ricevuto un dono. Un dono immenso, ricercato e speciale. Un libro. Da una persona immensa ,ricercata e speciale. E gliel’ho raccontato che è stato meraviglioso riceverlo perché erano giorni che vagavo in pena tra gli ultimi volumi acquistati, lì fermi sul comodino che ammiccavano per essere iniziati e che, benché ottimamente recensiti, non riuscivano ad essere in sintonia con le mie corde. In questo periodo la mia anima suona evidentemente una musica diversa e il dramma è che quando mi ritrovo in questo empasse non è facile uscirne. Perché solo leggere mi risolleva da certi stati d’animo ma è proprio in questi momenti che è difficile trovare righe in sintonia. Nessuna pagina da scorrere per provare ad addormentarmi anche se poi gli occhi, da lì a non molto, si riapriranno ugualmente ma per avere almeno l’illusione di sogni sereni.
Un libro è spesso il più bello tra i regali ma in certi giorni è acqua donata ad un assetato. E’ pane per un affamato.
Ora posso bere e mangiare. Grazie.



lunedì 7 maggio 2018

Crema al mascarpone e fragole in barattolo e roselline al mascarpone

Ho preparato una crema con 500 grammi di mascarpone, 4 tuorli d’uovo a pasta gialla e 4 cucchiai di zucchero. Ho riempito un barattolino da 250 ml guarnendo con fragole condite con zucchero di canna scuro. 
Il restante impasto l’ho lavorato aggiungendo poca farina e un pizzico di lievito. Ho riempito stampi a roselline in silicone e cotto per 30 minuti a 180 gradi.
Dessert serale e colazione mattutina pronti.

Pasta olive, datterini, acciughe e ...

Con poco tempo a disposizione ho messo in una padella antiaderente pomodorini datterino tagliati a spicchi con olive verdi e nere (insaporite con prezzemolo) denocciolate e sminuzzate. Ho irrorato con un filo di olio umbro e aggiunto due filetti di acciughe sminuzzate e una manciata di pinoli. Ho cotto, al dente, 80 grammi di pasta di grano saraceno, scolato e saltato in padella aggiungendo pane grattugiato prima di impiattare. 
Sulla fiducia. Pare sia stata apprezzata. 


Anche i fiori piangono… e noi continuiamo a credere che sia rugiada.
(Jim Morrison)
Di fronte alla scelta “sceglimi”, dopo che tutte le strade impervie e pericolose erano state attraversate e avevano visto solo sangue e lacrime, lei aveva scelto per lui il male minore. Abbandonarlo. Lì, a quell’incrocio come se il luogo per dirsi addio non avesse importanza. Perché non esiste un luogo per dirsi addio quando quella parola non avresti mai voluto pronunciarla né sentirla. Come poteva pensare di farlo soffrire ancora? Lui che per lei avrebbe dato tutto. Lui che era stato pronto con una valigia per una destinazione sconosciuta pur di starle accanto. Lui che insieme a lei avrebbe affrontato un mondo crudele che non riconosce l’amore se non lo riguarda personalmente. Lui che aveva aspettato tutto ciò che lei non era stata in grado di dargli. Un giorno, un mese, una vita. Lui non meritava altra sofferenza. Nessuno ne meritava più di quanta se ne fossero inferta mentre avrebbero solo voluto amarsi. Tutto era stato destinato da sempre a non essere, non vivere, non respirare, non creare. Lui lo aveva capito lentamente ma non aveva avuto la forza di fermarsi per tempo. Lei era impazzita, giorno, dopo giorno, dopo giorno. Avrebbe voluto dargli tutto ma non aveva voluto dargli niente se non la cosa più incomprensibile e inaccettabile e orribile in amore: l’amore folle. Quello che conoscono solo i gelosi, quelli che impazziscono, quelli che hanno paura e che sovrappongono il volto dell’amore con quello della paura. Dalla mattina alla sera, ogni giorno, da sempre, lei aveva avuto paura di perderlo, di essere tradita, di essere ingannata, di essere sostituita. Lei che non lo sceglieva viveva il terrore di perderlo e pagava così la sua scelta. Le paure di lei erano divenute le colpe di lui dove colpa non esisteva. Dove la paura non avrebbe avuto senso di esistere. Lui non aveva più trovato le parole e le canzoni e le poesie e la vita fatta di briciole di cui si era sfamato pur di non perderla, per raccontargli l’amore. Unico indistruttibile, intoccabile, inviolabile che aveva provato dal primo giorno per lei. Lei non era riuscita a crederci. Lei che non si fidava, era stata divorata lentamente nelle viscere e cercando di sfamarsi aveva sbranato lui.  Lei era restata là. Là dove tutto era stato costruito prima, voluto prima, desiderato prima. Tutto prima di lui, prima di loro, prima di ogni tempo e luogo. Prima che per loro ci potesse essere qualcosa di bello di vivo di dolce. Lui, non scelto, dopo essersi solo accontentato, era morto quella mattina di primavera, lì in mezzo alla città rumorosa silenziosa testimone. Lei, coerente da sempre, era morta con lui. Erano morti loro due, le loro vite e il mostro aveva vinto lasciandoli sul campo di battaglia feriti senza speranza. Solo il loro amore sarebbe sopravvissuto. Ma non avrebbero più potuto raccontarselo e questo sarebbe stato un dolore insopportabile che li avrebbe scandito ogni istante della loro esistenza. Senza soluzione. Senza svolte. Ovunque sarebbero andati, con chiunque sarebbero stati, qualsiasi cosa avessero fatto, l’amore impossibile li avrebbe dannati e mai abbandonati.

domenica 6 maggio 2018

Abbiamo perso ancora questo tramonto.
Nessuno ci vide questa sera con le mani intrecciate
mentre la notte azzurra cadeva sopra il mondo.
(Pablo Neruda)


Le pesche al tramonto

Ho lavato e tagliato 10 pesche (le prime) e le cotto con 10 cucchiai di zucchero bianco. Ho aggiunto la scorza di mezzo limone. Ho cotto per circa due ore aggiungendo un pochino di acqua ogni tanto. Ho riempito due barattolini da 250 ml. 

sabato 5 maggio 2018

Oggi a spasso con Alda Merini

A volte l’anima muore e muore di fronte a un dolore, a una mancanza d’amore e soprattutto quando viene sospettata d’inganno.

venerdì 4 maggio 2018


Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo.
(Virginia Woolf)

I piattoni soia e nutella

1 uovo pasta gialla, 125 grammi di yogurt alla soia, 3 cucchiai rasi di zucchero, farina antigrumi q.b. per un impasto morbido, un pizzico di lievito vanigliato. Ho lavorato con una frusta a mano e poi ho aggiunto due cucchiai di Nutella per variegare. Ho versato cucchiaiate di impasto su carta da forno e cotto per 20 minuti a 190 gradi. 

Riso basmati e verdure grigliate

Ho grigliato zucchine, melanzane e peperoni a fettine molto sottili e, una volta raffreddate, ho tagliato le verdure a listarelle sottili. Ho cotto, nella vaporiera da microonde, 200 grammi di riso basmati. Ho scolato e lasciato raffreddare. Ho unito le verdure al riso, mescolato delicatamente aggiungendo olio extra vergine, pepe e curcuma. Olive verdi e nere e pecorino marchigiano a tavola da sgranocchiare come aperitivo. 


Erano giorni che si chiedeva quale fosse il titolo di quella canzone e, soprattutto perché, si ritrovasse ovunque a canticchiarla a labbra serrate. In continuazione, senza un inizio o una fine, una nenia ripetuta come una ninna nanna, un mantra. In macchina, per la strada, lungo quei corridoi, con un libro in mano, sotto la doccia, alla scrivania, al supermercato. Era una canzone più che conosciuta ma, la sua mente, ovattata dai pensieri che stravolgevano le sue notti e i suoi giorni, non si decideva ad etichettarla. Arrivava e andava. Tornava e scompariva. Riaffiorava senza pace. Si stupiva da giorni di come mormorasse solo quella cantilena. Arrivava dalle profondità, dalle viscere più lontane, da un luogo sicuro dove trovare una carezza e un riparo. Solo dopo centinaia di inizi era affiorato il titolo e, con esso, un fiume inesorabile e incontenibile di ricordi. Una sera d’estate lontana mille eternità, eppure vicina come l’oggi. Un terrazzo mai visto. Un pergolato mai odorato. La più bella e triste delle lettere d’amore scritte mentre, in sottofondo, le note di quella canzone si confondevano con le stelle di agosto. Righe meravigliose e tragiche dove si raccontava la fine ancora prima di un inizio. Dove tutto ciò che non sarebbe successo era già scritto. 
La ninna nanna era continuata nella sua testa, nel suo stomaco, sulla sua pelle e i corridoi di tutta la vita avrebbero continuato ad ascoltare una meravigliosa triste nenia ripetuta come una preghiera. Forse era follia. Forse era malattia. Forse era altro che non poteva avere un nome.

giovedì 3 maggio 2018

La stagione mancata era la stagione della pace. Avevano vissuto la pioggia, il sole e la neve, come una eterna lunga estenuante battaglia. Contro chi o cosa combattessero, forse non lo avevano capito mai neanche loro. Forse la vita. Nemica inespugnabile. Erano diventati, giorno dopo giorno, nemici invece che alleati. Inseguivano ciò che sarebbe stato inafferrabile senza mai accettare la realtà. Ingenui e presuntuosi avevano scelto la cecità e l’illusione. Avevano pensato che quelle briciole rubate avrebbero potuto placare una sete ed una fame senza fine. Il vuoto che si era creato, attimo dopo attimo, nell’attesa di ciò che non avrebbero mai raggiunto, li aveva lasciati al suolo, inermi e sconfitti. Ma, in quei corpi maciullati e sanguinanti, feriti a morte, un braccio sarebbe stato per sempre teso verso quel miraggio. Un oasi dove loro sarebbero esistiti.



Ci sono dei giorni in cui la pioggia sembra essere stata inventata per accompagnare le note suonate lentamente da un sax.
(Francis Dannemark)


mercoledì 2 maggio 2018


Appartenere a qualcuno significa entrare con la propria idea nell’idea di lui o di lei 
e farne un sospiro di felicità.
Alda Merini

Quello che erano stati non sarebbero riusciti a raccontarlo veramente a nessuno. E non perché non ci fossero testimoni disponibili. Non era quello il punto. Qualcuno forse li avrebbe anche ascoltati. Magari all’inizio interessato e poi annoiato come succede a tutti gli uditori, benché amici, e a loro sarebbe anche bastato, pur di poter urlare silenziosamente quel dramma e quel dolore. Ma la difficoltà nasceva prima. Nel riuscire a capire che qualcosa di unico, particolare e indelebile li aveva travolti con tutta l’interezza delle loro esistenze e che da loro non se ne sarebbe mai andato. Erano condannati. Questo lo potevano comprendere solo loro. Per il resto del mondo sarebbero stati tra i tanti a cui, prima o poi, quel malore sarebbe passato. Non avevano nomi diversi da altri e il loro sentimento poteva avere, per il mondo, il solito nome con il quale un sentimento veniva etichettato. Ma il loro no. Loro, solo loro, lo sapevano bene. Sarebbero stati maledetti per sempre. Era stato il loro incontrarsi in un tempo e in un luogo sbagliati ad avere sconvolto l’ordine. Era stato il loro essere apparentemente uguali a mille altri ma profondamente diversi ed unici ad aver creato quell’universo parallelo in cui entrambi avevano iniziato a camminare perdendo poi la strada. Prima insieme e poi distinti e sempre più distanti seppur spinti dalle stesse pulsioni, dagli stessi desideri, dalle stesse emozioni. E ciò che li aveva accomunati per tutto il tempo, poco alla volta, goccia dopo goccia li aveva corrosi ed erosi. Erano stati consunti, mangiati, divorati da un amore impossibile a realizzarsi. Quella che avrebbe potuto essere felicità era stata distruzione. L’impossibilità aveva fatto crescere i desideri e i sogni che, non appagati dalla soddisfazione e dalla realizzazione, diventavano mostri carnivori sulla loro pelle, sulla loro carne, per la loro anima. Alla fine, che fine non era e mai sarebbe stata, l’uno non riconosceva più l’altra. I loro fantasmi li avrebbero reciprocamente inseguiti e dannati per sempre. La punizione per aver percorso strade impraticabili. La punizione per non aver trovato il coraggio né di fermarsi per tempo né di spiccare il volo insieme. E il limbo, che li aveva tenuti prigionieri per quel tempo, li avrebbe incatenati per sempre.

martedì 1 maggio 2018

Da soli, Cristina Comencini

Sublime e potente narrazione dell'anima. Di noi che non apparteniamo a chi restava insieme per forza di cose, oltre ogni limite, ma neanche di chi nasce geneticamente solo e indipendente. 
Chi si mette a nudo è la  nostra generazione che finisce per non riconoscersi nella vita che pensava di aver scelto e implode per poi esplodere. I quattro protagonisti fuggiranno dall'altro, forse da se stessi, per riuscire, o tentare, di ritrovare o ritrovarsi. 

Fusilli verdi tonno e olive

Ho cotto in una padella di pietra con due cucchiai di olio extra vergine,per circa 15 minuti,  250 grammi di filetti di tonno fresco tagliato a cubetti e circa 15 olive nere e verdi private del nocciolo e sminuzzate. Ho aggiunto una spruzzata di peperoncino in polvere.
Ho cotto per dieci minuti 240 grammi di fusilli di farina di piselli, ho saltato in padella e impiattato.
Peperoncino e olio in tavola con Pecorino marchigiano ghiacciato neicalici.

Da soli, Cristina Comencini

“Lei come fa con i ricordi?”
“Me li tengo, e lei?”
Quando a distanza di anni era passato, ancora una volta, davanti alla maestosa costruzione, dove personaggi celebri riposavano mescolati ad anime anonime, si era ricordato, ancora una volta, di quel primo pomeriggio estivo. In realtà ogni volta che entrava in un cimitero, che fosse per una visita o una celebrazione a cui assistere, la prima cosa che gli succedeva era pensare a quell'istante. Era, tra loro, tutto ancora da scoprire. Era l'inizio. Non si conoscevano affatto e lui, come tutti gli illusi innamorati, era convinto che lei gli somigliasse e che tutto potesse accadere. La reverenza e la passione di lei, per le passeggiate in quei luoghi sacri, alla ricerca di foto antiche, di storie da immaginare o rammentare, l'avrebbe scoperta molto dopo. Così come le sue forme di rispetto per certi ambienti, certe situazioni, certe ritualità. All'entrata, nella calura estiva di una città semideserta, sotto uno di quei portici, lui aveva provato a baciarla. Ma lei si era ritratta, vergognosa, quasi offesa per il sacrilegio che stavano per compiere e lo aveva reguardito facendolo sentire sbagliato e inopportuno ma, soprattutto, sorpreso. Come poteva lei buttare via un loro bacio? Come non capire che per lui era aria e, seppur davanti ad anime dannate al silenzio, era un essere riconosciuti davanti al mondo e avere così una loro identità? Solo dopo, con il passare del tempo e conoscendo anche molti altri lati oscuri di lei, avrebbe parzialmente compreso. Ma quel bacio rifiutato, gli bruciava ancora oggi. Chi si sarebbe dovuto offendere? Dio? I poeti? Le attrici? I senza nome? Chi tra coloro che non potevano più parlare? Il becchino che sarebbe potuto passare da li'? Un parente bigotto che  aveva appena depositato un fiore? Chi avrebbe avuto da ridire di fronte all'amore che stava per esplodere più rovente di quella torrida estate? Quel bacio rifiutato aveva ancora la stessa potenza. Prima di voltarsi, lui guardò quella imponente entrata e sentì i ricordi travolgerlo senza pietà. Provo' ad andare oltre. Ma il cuore resto' li', unico testimone di quel bacio che non si erano mai dati.