martedì 15 maggio 2018

Ogni volta era così. Non erano più capaci di intendersi. E si massacravano. Forse non avevano mai veramente parlato la stessa lingua, per poi alla fine recriminare il non capirsi. Se avessero avuto un po’ di lucidità e di coraggio forse se lo sarebbero detti, forse lo avrebbero ammesso, ma era più facile così. Altra responsabilità non l’avrebbero sopportata. O forse erano solo confusi e codardi. Come tutti quelli che perdono la strada. Come tutti quegli stupidi che si innamorano senza raccontarselo, senza costruirlo, senza condividerlo veramente. Come tutti quelli che si tuffano bendati, sciocchi presuntuosi, quelli che credono di comandare la vita mentre alla fine si trovano solo schiavi o tristi o inermi. Come tutti quelli che un nome o un destino non lo avevano guardato, insieme, guardando verso l'orizzonte. Come tutti quegli stupidì che si illudono che non soffriranno, che si divertiranno, che ne usciranno indenni o addirittura vincitori. Ed ora erano solo stracci e polvere e reduci di guerra. Di una guerra che poteva avere mille nomi. Amore, passione, schiavitù, droga, ma che alla fine era solo una cosa. Dolore e solitudine. E anche se pensavano, illusi, di essere in qualche modo insieme per cinque minuti o una notte, non erano altro che fantasmi soli. Senza più nulla. Senza più neanche se stessi. 

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