giovedì 31 maggio 2018

Erano molti ormai quegli attimi. Sempre più frequenti, Sempre più ingestibili. E la destabilizzavano sempre di più. L’unica differenza era che ora iniziava a riconoscerli e a dire a voce alta a se stessa da dove provenissero. Come se il chiamarli potesse demolirli. Un po’ come era successo per quelli fisici quando, dopo qualche svenimento che l’aveva portata addirittura in ospedale, aveva imparato a riconoscere quegli strani giramenti di testa. E allora si appoggiava, si sedeva, respirava. Aveva imparato a gestirli, non erano passati ma l’esperienza e le cadute nelle quali spesso si era fatta male, l’avevano resa più attenta, più guardinga. Quasi esperta. Così lo stava diventando anche per il male oscuro.
Arrivava dal fondo dell’anima e l’avvolgeva, travolgendola. Erano come un fiume nero e profondo che arrivava da lontano e cominciava a cospargerla come un fiume di lava avrebbe fatto con una valle. Tutto diventava cosparso e buio e soffocante. Non esisteva più neanche un piccolo spazio della sua testa e delle sue viscere libero e sgombro da quella melma. Era allora che annaspava e doveva rinchiudersi per un istante da qualche parte. Doveva sedersi e respirare a fondo e ricordarsi che da qualche parte c’erano ancora cose belle, che ce n’erano state, che non era quello il male vero contro il quale combattere e che quella non era la realtà. Ed era allora, quando la parola realtà veniva chiamata in aiuto, era allora che lei si rendeva conto di essersi trasferita in un altro mondo. Dove tutto era stato manipolato e stravolto e bruciato. Come ora sentiva la sua anima. Fuoco divoratore.

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