La morte atterrisce e frantuma. Sgomenta e spaventa. Destabilizza e addolora. Ammutolisce e fa piangere lacrime inconsolabili. Non si accetta lo strappo che subisci e non scegli. Non lo accetti perché il non poter più' vedere, toccare, vivere e amare qualcuno è qualcosa contro natura. E la morte, che non si accetta, riconduce, inevitabilmente, a quei pensieri futili nella viva quotidianità ma forti e veri di fronte all'evento traumatico. Quei pensieri che non ti fanno accettare perché le persone invece di coltivarsi e viversi se ne vanno, a volte per stupidi motivi, ammesso che ci siano motivi intelligenti per non amarsi, e si perdano, si abbandonano. La morte fa venire la voglia matta di telefonare, bussare, citofonare, scrivere, scuotere, cercare chi se ne è andato dalla nostra vita senza averne un motivo serio, preferendo il silenzio, il girare le spalle, il non chiedere perdono, il non voler faticare per stare vicini. E' facile svoltare al bivio, girare alla boa, scegliere la discesa, scappare, non affrontare. La domanda è se ne valeva la pena. La risposta è no. Abbiamo già' la morte ad esserci nemica e a dividere le nostre strade. Perché anticipare le sue mosse? Perché procurarci volontariamente un dolore che un giorno sarà inevitabile?
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