Eppure le parole, che reputiamo così importanti e utili fino a pensarle indispensabili, a volte, spesso, addirittura sempre in alcune situazioni, diventano superflue, stupide, vuote, assolutamente inutili. Sono quei momenti, quelle situazioni, quegli spezzoni di vita, in cui chi parla e' solo. Non matto nel senso di parlare allo specchio (perché c'e' qualcuno che non lo fa?) perché fisicamente solo ma perché, dall'altra parte, il suo interlocutore e' un "sordo". Non per cattiveria. Spontaneamente o per scelta e non per forza di cose per una scelta cattiva e premeditata. Ma non e' questo l'importante. Quello che conta e' che il sordo non sente e chi parla potrà' sfinirsi e consumarsi. Scrivere righe, lettere, trattati, fare telefonate, presentarsi sotto casa ma sarà tutto inutile. Perché, benché' l'oratore sia convinto che con un'altra parola ancora potrà' conquistare un metro, un pezzo, un giorno, uno spazio dentro la testa e il cuore del sordo, non ci sarà mai un modo, un momento, una parola magica che aprirà' una strada verso chi ha deciso di barricarsi dietro un muro di cemento armato lungo e alto tutto una vita. Forse dovremmo farci una ragione del non riuscire a cambiare gli eventi. Forse dovremmo seguire un po' il cielo e meno noi stessi. Da qualche parte, forse, c'e' qualcuno o qualcosa che ne sa più' di noi e, forse, nella nostra apparente sconfitta vedremo, a lungo andare, non magari una vittoria, ma, forse, quanto meno, una ragione del nostro non essere stati ascoltati.
Nessun commento:
Posta un commento