Quando una persona se ne va, e va in cielo, il tempo si ferma. Non ci sono più rumori, voci, suoni. C'e' solo quell'attimo. Quell'attimo in cui tutto non ha più' senso e tutto, paradossalmente trova un senso. Non ci sono più le discussioni, le risate, i compromessi o le prese di posizione. C'e' solo il rendersi conto che valiamo poco e che siamo un fuggevole attimo, pronto ad essere rapito in un soffio per non esserci più. L'età di chi ci lascia non conta. Conta chi e' quella persona per noi. Potrebbe avere 100 anni ma della sua uscita di scena non ci faremo mai una ragione. Esserci goduti per molto tempo una persona non significa averne avuto abbastanza tanto da lasciarla andare serenamente. E se questo e' egoismo non lo so. Forse e' semplicemente voler condividere amore e affetto e vita. E come ogni volta che assisto inerme al dolore della morte di qualcuno che ho di fronte, dopo essermi mancato per un po' il respiro, perché diciotto anni fa sono oggi, ho l'irresistibile istinto di chiamare chi ho perso lungo il cammino della vita per una sciocchezza, un'incomprensione, un non senso e urlargli "ma che diavolo stiamo facendo? Come possiamo permetterci di buttare via anche solo un attimo di noi?". Poi la vita, quella stupida vita che ti incastra in stupidi meccanismi, stupidi orgogli, in stupide paure, mi blocca. E mi domando se così la vita va avanti oppure e' solo illusione
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