Passiamo la vita alla ricerca della "felicità" che poi da adulti abbiamo imparato (non fosse per evitarci la parte degli stupidi nel mondo) a rinominare "serenità" pensando che abbia un nome, un luogo, un tempo, una carta di identità', che un bel giorno si materializzerà e ci dirà' "prego, entri pure, ben arrivata, ora si riposi ... il viaggio e' finito, eccomi, vivrai per sempre felice e contenta.". Chissà quando, chi, e come, ci ha raccontato questa favola. Forse, tra Cenerentola, Biancaneve e La Bella e la Bestia, per farci addormentare, una sera di inverno, ci hanno letto "La felicità". O forse, invece, nasciamo con il desiderio di sorridere e allora guardiamo, ascoltiamo, camminiamo, cerchiamo, senza neanche rendercene conto di raggiungere, là, davanti a noi, quell'obiettivo. Come se fosse una lucina in fondo al tunnel che continua a darci la spinta, anche se siamo al buio, per andare avanti. Il problema e' che pensiamo sia là in fondo, l'abbiamo identificata così e anche se nelle nostre giornate veniamo promossi al lavoro, diventiamo genitori, facciamo un bellissimo viaggio, mangiamo un gelato buonissimo, pensiamo che siano solo degli inframmezzi e non tante piccole luci, tante piccole felicità da cogliere e apprezzare. E, così facendo, ci perdiamo pezzi di vita e di felicità perché la luce non e' laggiù' in fondo, dovremmo credere che e' dentro di noi e ogni volta che abbiamo raggiunto un obiettivo, abbiamo raggiunto quella misteriosa luce in fondo al tunnel.
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