venerdì 16 dicembre 2016

"Gentile bibliopatologo,

amo i libri, ma li amo a modo mio. Faccio cose che gli altri bibliofili aborrono: li maltratto, ci scrivo sopra, sottolineo a penna, faccio le orecchie per segnare le pagine e anche per segnare le pagine più belle (sono orecchie diverse, per distinguere!). A forza di leggerli li rovino, e più li rovino più li amo, come un paio di scarpe vecchie in cui i piedi stanno comodissimi. Ma questo è ancora niente. Il culmine della perversione l’ho raggiunto qualche mese fa, quando ho strappato la pagina che più amavo e più odiavo di un libro a me molto caro e l’ho spedita per posta alla persona che mi faceva odiare e amare tanto quella pagina.

Sì, ho strappato una pagina. A un libro. Dottore, è grave?"
S

Ho trovato questa lettera e relativa risposta "sfogliando" pagine nell'etere. E mi sono ritrovata in questa firma. Passano le pagine lette e si è trasformato il mio modo di aggredirle. Ora sottolineo righe, segno paragrafi, trascrivo passaggi. Torno e ritorno. Rileggo. Chiudo gli occhi. Assaporo. Alcuni volumi, invece di finire catalogati in libreria, fanno parte del mio comodino, lo hanno coperto e contornato. A volte ho regalato libri che mi avevano colpito avendo la tentazione di sottolineare le stesse pagine che lo erano nel mio di volume. Mi sono violentata e ho resistito. Per non essere invadente e prepotente. Non ho ancora strappato pagine perché, come ritiene il gentile bibliopatologo, la cui risposta completa non ho riportato, si tratterebbe di un sacrilegio, di mutilazione, di sopruso, non solo del libro ma proprio di se stessi se ci si sente un tutt'uno con il libro in questione. E quindi, nel caso mi trovassi con il desiderio di raggiungere qualcuno con un messaggio,  penso che opterò per il consiglio del meraviglioso bibliopatologo.

"...  la prossima volta che qualcuno ti provoca sentimenti di amore e di odio così viscerali, sequestralo, mozzagli un orecchio e spediscilo ai familiari. Ma ti prego, lascia in pace i libri."

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