lunedì 13 novembre 2017

Il colore che vorrei





C’è un destino, c’è una strada, c’è qualcosa che ci riguarda ma che non ci è dato di sapere. E nel frattempo c’è che corri, ti arrabbi, litighi, ti affanni, parti, ritorni, ti vesti, ti spogli, godi un attimo, perdi giorni, ti volti, cerchi, trovi, scegli il sesto cappotto perché i cinque che hai ancora nuovi non ti piacciono più, pensi ad un’amica lontana persa nel tempo ma non trovi più la motivazione per contattarla, fai i compiti con i tuoi figli o pensi a quel figlio che non hai avuto modo di mettere al mondo, ascolti una vecchia canzone e ti ritrovi a piangere, corri in libreria per l’ultimo del tuo autore preferito, bevi un bicchiere di vino da sola perché pensi che alla fine qualcosa per brindare ci deve pur essere, passi la giornata in un ospedale e non ti capaciti di quanta gente soffra da sempre, abbracci la bimba della tua amica che venerdì sera vuole venire a dormire da te, cerchi di distrarre chi ami sopra ogni cosa per la brutta avventura che dovrà affrontare, passi la notte completamente insonne cercando di convincerti a dormire, programmi il prossimo menù di Natale perché devi distrarti con qualcosa di piacevole, pensi che devi lavare la macchina perché così non è proprio più lei, mentre pensi che anche i lavaggi auto dovrebbero essere aperti ventiquattro ore al giorno come il supermercato sotto casa di cui ora, più che mai, apprezzi l’orario così tanto elastico, leggi dei bambini morti nell’ultimo terremoto mentre ascolti gli scandali degli ultimi abusi e pensi che il mondo sia sempre più un vorticoso caos, spegni la sveglia e la odi perché quando suona ti sei addormentata da solo un’ora e vorresti poter riposare ancora un po’. C’è la vita che corre o ti fa correre e di cui perdi continuamente il senso e continuamente lo rincorri perché c’è un destino, c’è una strada, c’è qualcosa che non ti è dato di sapere ma vorresti almeno un piccolo avvertimento. Vorresti che quel qualcosa, quel Qualcuno in qualche modo ti insegnasse da sempre ad essere sereno a cogliere godere sorridere e non ti frastornasse, all'improvviso, con il dolore. Perché in quel disegno di cui non sappiamo nulla il colore scuro del dolore non dovrebbe esistere. In quell’astuccio, i pastelli che da piccola amavo tanto, dovrebbero essere tutti di colore chiaro e luminoso. Ora che ci penso, il mio colore preferito in quell’astuccio era sempre il turchese. Lo prendevo in mano anche quando dovevo colorare una casa, un prato o il sole. Poi lo riponevo e prendevo quello giusto. Ma nella mia innocenza di bambina già sapevo che avrei voluto sempre tutto azzurro. Forse sono rimasta quella bambina perché i colori scuri, secondo me,  dovrebbero essere tutti eliminati.

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