“… L’Inglese diede la mano a Pantera, lei si tolse gli occhiali, si guardarono. Fu un attimo, ma qualcosa accadde, un collasso cosmico, uno scontro fra due galassie. …”
“… Cerchiamo di dimenticare giocando che c’è un gioco più grande di noi, e a questo gioco molti di noi hanno perso qualcosa o tutto. Ma qualcosa ci fa tornare qui, ci tiene insieme. Un sogno. Chi pensa di vincere una piccola scommessa, alle carte, ai cavali, al biliardo. Chi immaginare di giocare una partita di cui vantarsi. Chi vorrebbe dire: ho visto un incontro indimenticabile, forse un giorno potrò viverlo anche io. Qui possiamo credere che il nostro destino sia sospeso, non ancora scritto. Ogni notte ci portiamo dietro questo brandello di speranza. Così il dolore, a volte, non ci uccide. Ma non solo noi abbiamo bisogno di speranza. Anche gli Dei sperano. Ricordi lo sguardo che Pantera lanciò all’Inglese prima dell’ultimo colpo? Io ho visto, ho sentito cosa avveniva nei loro cuori. Lei diceva, se vinci ti seguirò, la fortuna è nelle tue mani, e io obbedisco alla Fortuna , tutto ciò che ho pensato degli uomini e della felicità può cambiare adesso, in questo istante. Non posso dire che abbia sbagliato apposta. O forse lo so ma non te lo dirò. Lei non vorrebbe che si sapesse. Ma io ho visto. E anche l’Inglese ha visto. Ha visto che avrebbe potuto avere qualcosa che tutti i biliardi, e le carte, e le notti e tutte le ricchezze del mondo non avrebbero uguagliato. Una nuova vita, un amore inatteso. Questo lo fece tremare. Per la prima volta una speranza troppo forte lo stordì, lo abbagliò, ho sentito il suo braccio pietrificarsi e il suo respiro farsi affannoso. Sbagliò. Certo ebbe anche sfortuna, ma sbagliò. E capì di aver perso qualcosa che non sarebbe più tornato … tutto ciò che era stato prima, ora non contava più nulla … La solitudine, mio giovane amico, era il terzo giocatore quella notte, tre lei e lui. …”
Pantera, Stefano Benni
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