Bevuto,
mangiato, morsicato, succhiato in tre ore di assoluto silenzio. E' una storia
tragica, anzi sono molte storie tragiche che si sfiorano, incrociano, toccano,
facendo male e facendosi male. E' il dolore di vite traumatiche e traumatizzate
dove l'amore, per i figli, i genitori o uno sconosciuto che incontri e ami, può
diventare l'attimo eterno di dolore estremo e puro dal quale nulla e nessuno ti
risolleverà mai più.
Grazie a
chi, prima mi ha prima fatto conoscere questa eccellente narratrice di vita e
dopo, mi donato questo libro.
“ … Spesso mi sono soffermato sulla precarietà
dell’equilibrio psicologico dei rapporti umani e sono arrivato alla conclusione
che ogni relazione che ci coinvolge è riconducibile al legame che unisce una
vittima al suo carnefice
E avremmo la possibilità di dire a chi ci sta
vicino che lo amiamo prima che sia troppo tardi e, smetteremmo di essere
distrutti dai rimorsi.
Se la vita ci toglie qualcosa è solo perché ha
intenzione di restituircelo sotto un’altra forma?
Mi spaventava a morte l’idea di salvarmi. Spesso
la conquista della normalità è un pericoloso viaggi verso se stessi.
Non si può vivere senza lasciare una traccia di sé,
disse. Aveva ragione. Lasciamo minuscoli indizi di noi, impronte, ricevute,
promesse che resteranno per sempre invisibili finché qualcuno non scoprirà come
trovarle.
Sai, c’è una parte di questa città che non
riesco più ad attraversare. E’ quella piena di luce, dove i palazzi sembrano
appena ristrutturati, i negozi sono aperti, i caffè pieni all'ora di punto e le
urla dei ragazzi ne riempiono gli spazi. Ma poi mi accorgo che questa città io
non riesco ad attraversala nemmeno quanto da buio, quando il silenzio l’avvolge
o l’alba la spacca in due. No, la mia città ora la riesco solo ad immaginare
perché insieme a te è sparita anche lei …”.
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