Il vicequestore Schiavone e' uno di quei
personaggi che inizi a leggere la mattina e finisci la sera. Trascurando le
altre altre piacevolezze della giornata che, al confronto, riescono a perdere
interesse. Le righe ti trascinano nella loro scorrevolezza e non rispondi al
telefono, accendi più tardi il forno, rimandi la visione di un dvd. Perché lui
è tribolato, forse anche poco onesto per essere un uomo di legge, ma di una
onesta' tutta sua che è quella che ha a che fare con i grandi sentimenti e
l'anima. Perché lui è indisponente ma forse solo all'apparenza e più per difesa
che predisposizione. Perché e' affascinante come solo chi ha una sua
complessità d'animo sa essere. Perché lotta contro il fango pur sapendo che per
farlo spesso si è sporcato. Perché nella sua ruvidezza non riesce a lasciare
andare il ricordo di lei; lei che non fa più parte di questa vita ma con cui
lui continua a parlare, vedendola aggirarsi tra le mura di casa, seduta su una
panchina o andarsene nell'altra stanza in silenzio dopo una discussione.
... "Fa male l'assenza? No, fa male
la perdita. Che è altro dall'assenza. La perdita sa cosa ha perso. L'assenza può
essere un vago sentore, un'emozione senza corpo e senza suono di qualcosa che
manca e che non ho, ma che non so cos'è. La perdita, è quella che provo io,
perché lo so. Ed è peggio dell'assenza. Perché quello che conoscevo e che
tenevo tra le dita non c'è più. Non sarà più. È la stessa differenza che c'è
tra Ray Charles e Steve Wonder. Steve è cieco dalla nascita, Ray c'è diventato.
Ray sa cos'è vederci. Steve no. Ray ha provato la perdita. Steve l'assenza.
Steve sta meglio di Ray. Ci metto la mano sul fuoco" ...
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