martedì 10 gennaio 2017

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Ognuno ha i suoi dopoguerra. Dopo una malattia, una separazione, un lutto, tutti ci siamo trovati a dover ricostruire interi quartieri bombardati della nostra esistenza e senza uno straccio di piano Marshall a confortarci. 
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Era come parlare con il muro e senza neanche la soddisfazione di poterci attaccare un quadro al centro.
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E' inutile, non si riesce mai a deludere abbastanza gli altri. Nonostante tutto quello che un povero diavolo può inventarsi per far capire al prossimo di non contare su di lui, ci sarà sempre qualcuno che gli darà fiducia, porcaccia miseria.
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A Orietta piaceva ballare. Si scuoteva con armoni, era perfettamente sincrionizzata con il mondo. Io non ho mai saputo muovermi. Nel ballo bisogna saper tracciare delle curve, a me sono sempre venuti fuori solo spigoli. Mi seccava che ballasse con gli estranei, anche se cercavo di non darlo a vedere. Allora la invitavo per il solo motivo di non farla invitare dagli altri, ma tra le mie braccia lei sembrava una fiammella incatenata, una piccola delicata tromba d'aria avvolta da una nuvolaccia grossolana e gelida. 
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Da "Un calcio in bocca", Marco Presta

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