giovedì 28 giugno 2018

Io credo molto nella provocazione. 
Una cena dove non si parla di Dio o politica o di amore, è una cena perduta.
(Fanny Ardant)

mercoledì 27 giugno 2018

La luna piena sul mare

Così bella da togliere il respiro...

Il caffè al tramonto...

Caffè greco da lasciar depositare
Prugne caramellate da alternare ai sorsi
I sassi raccolti oggi
L’infrangersi delle onde 
La luna piena davanti a me

martedì 26 giugno 2018

Buon compleanno al Cielo. 

Chiamami col tuo nome, Andre’ Aciman

Ti strappa l'anima e ti riporta al cuore. Ti prende le viscere e te le rivolta. È il romanzo più intenso di questo inizio estate. Forte e profondo, ti ricorda come la vita sia proprio così e cosa l’amore può farti, sempre. Se incontri “Cor cordium” e se in lui incontri talmente tanto te stesso da poter dire “Chiamami col tuo nome”. O come la vita lo possa diventare, se sei disposto a vivere rischiando, per amore, anche di morire dentro dietro un’apparente vita parallela, pur di averlo conosciuto, colto, vissuto.  Le ultime pagine ti tramortiscono perché li’ ci sono il passato, il presente e il futuro. E tutto ciò che in essi non è mai stato ma che proprio per questo, ci sarà per sempre. 

È tutta colpa della luna, quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire tutti.
(William Shakespeare)
Oggi questo pezzo di Grecia, all’inizio dell’estate, mi fa venire alla mente un mare di inverno che vorrei vedere. Quello dei fari della Bretagna dove sogno da sempre di camminare sulla sabbia  con un dolce vita in cachemire raccogliendo sassi bianchi e neri. Le gocce di pioggia iniziano a risvegliarmi dai sogni.  Piove. È ora di scappare dalla spiaggia. Continuando a pensare al mare d'inverno. 

lunedì 25 giugno 2018

C’è una stella rossa di fronte alla mia vista mare. 
La notte esco sul terrazzo e la guardo per ore. 
È lontana dalle altre, è isolata, solitaria, bassa e diversa. Chissà perché non si fa tenere compagnia, chissà perché si è allontanata. Forse l’hanno esclusa, forse l’hanno cacciata, forse l’hanno ferita, forse, semplicemente, ha deciso di cambiare vita e di ricominciare da un’altra parte per darsi un’altra possibilità con nuovi sogni, nuovi amici, nuovi amori.
È bella la mia stella rossa fronte mare. È affascinante come lo sanno essere i diversi. È bello guardarla nel silenzio della notte, con il solo rumore del mare a raccontarmi la sua storia. Il mare la conosce, me l’ha sussurrata oggi al tramonto. 

Chiamami col tuo nome, Andre’ Aciman

... 
Tornati alla libreria, lasciammo le biciclette fuori ed entrammo. 
Sentivo che era un momento speciale. Come mostrare a qualcuno la cappella di famiglia, il tuo rifugio segreto, il posto in cui, come nel caso della collina, vai per stare solo, per sognare altri. È qui che sognavo te, prima che entrassi nella mia vita.
... 

domenica 24 giugno 2018

A volte corro piano, Patrick Trentini

O lo ami o lo odi. Ma io sono riuscita a provare entrambi i sentimenti. Ci sono stati tratti dove l’avversione ha preso il sopravvento. Forse perché si mette così tanto a nudo nelle sue intime presunzioni che ti costringe a metterti allo specchio e ad ammettere che nel raccontarle ha avuto molto più coraggio di te. E poi l’ho amato per le sue descrizioni così ricercate da farmi vedere sotto una nuova prospettiva anche il significato di un tatuaggio. E poi gli ci sono messaggi positivi di motivazione e caparbietà e superamento di se stessi che non possono che essere da fare nostri. Il tutto in uno scorrere di pagine che ti fa prendere e mettere giù il libro a seconda del sentimento suscitato in quell’istante. Fino a quando un’onda gelida dell’Egeo te lo inonda e allora tu, rapita e curiosa dal volerlo terminare e poi passare, lo metti al sole questo romanzo. Perché tra il sole e le rocce sia salvo.






sabato 23 giugno 2018

A tutti i nostri angeli in cielo.
In due superavano il secolo e mezzo. Come avevano fatto ad arrivare fino a la’ con quello sterrato sconsigliato e scomodo? Erano bellissimi anche al primo sguardo. Avevano iniziato con il comune rituale dello spalmarsi vicendevolmente la crema ma in loro non c’era sopportazione o dovere, c’era piuttosto uno sguardo di amorevole reciproca attenzione. Non era possibile non notarlo. Ad un tratto  lei iniziò a fare le parole crociate e gli disse: “Le ho prese all’aeroporto, le trovo particolarmente difficili. Vuoi farle tu, caro?”. Spostando lo sguardo su di lei per un attimo, rispose “No, tesoro, voglio continuare a sognare”. Lui rivolse nuovamente lo sguardo verso il turchese del mare. Lei gli sorrise, allungo’ una mano e gli accarezzo’ il braccio tornando a fare le difficili parole crociate. 
Non avrebbe potuto assaporare niente di più emozionante. E il “voglio continuare a sognare” pronunciato da chi ormai dovrebbe aver esaudito tutti i sogni o non averne più, fu un meraviglioso insegnamento che accompagnò tutta la giornata. Fino al tramonto. Quando un giorno ci saluta ma noi possiamo ricominciare a sognare per il prossimo. 

giovedì 21 giugno 2018

La Grecia mi entra nelle ossa. Da sempre. È come se qui ci fosse quello che sono stata prima e ciò che sarò dopo. Questa terra brulla e poi all’improvviso verde, le sue montagne a picco sul mare. I profumi di fico e olivo e sale e uva mi pervadono e ubriacano costantemente. Il mare qui a pochi metri di distanza passa dal bianco al blu al verde al turchese e confusa, non so dove tuffarmi.  L’acqua è così gelida da stordirmi per poi richiamarmi ancora una volta come se mi avesse drogata. Vedere dall’alto di una montagna il blu e poi scendere per tornarti senza fine, o percorrere chilometri di sterrato, sembra essere il giusto prezzo per ciò che i tuoi occhi potranno gustare. E se sei fortunato una taverna greca ti accoglie con la moussaka e i dolmadakia e le sue olive nere piccole e saporite. Un gustare senza fine la giornata. Fino ad una mastika sotto la luna che sta crescendo.
Si può desiderare altro?


Viziati, fronte mare, con biscotti frollini fatti in casa.
The grandmother continua a coccolarci. 

E sulla spiaggia di Diakoftis ... 
si ricomincia a leggere di Dio del Diavolo e di suicidi.

Il primo giorno della mia vita, Paolo Genovese

È un romanzo intenso e devi essere pronto a leggerlo. Perché non parla solo della morta cercata, di un angelo che cerca di farti ripensare e di scegliere di vivere. Parla anche di chi ci sta accanto e a volte non ci capisce o forse di come noi non capiamo loro, di quanto riponiamo negli altri troppo, di quanto dovremmo da sempre, da subito, imparare a credere in noi stessi e non che la vita sia facile ma che dalle salite e dal buio si può risalire accettando che la morte o i dolori fanno parte del cammino. Dico e a volte da sconosciuti e nuovi incontri possiamo imparare qualcosa.  
Sono pagine da leggere, magari non di fronte al mare. Anzi, forse, a pensarci meglio, proprio di fronte al mare. Per capire quanto non dobbiamo mai dare nulla per scontato e per ricordarci che in ogni attimo possiamo avere una meraviglia. Da cogliere. Da vivere. Senza aspettare nulla e nessuno. 


mercoledì 20 giugno 2018

La mezza luna illuminava il sentiero dell’amore che costeggia il mare. 
Il sirtaki della festa alla chiesa si diffondeva in tutta la baia e faceva venire voglia alla gente di ballare in mezzo alla strada. 
La serata aveva le sembianze della semplice perfezione. 
C’erano attimi nella vita in cui si poteva credere di essere felici. 
Di avere tra le mani tutto il necessario per esserlo.

... “Io non posso garantirvi che sarete felici. Un giorno sarete la lucina accesa, un giorno quella spente, l’unica cosa davvero importante è che abbiate nostalgia della felicità. Solo così vi verrà voglia di cercarla” ...

Il primo giorno della mia vita, Paolo Genovese


martedì 19 giugno 2018

Se non riesci a contarle non dovresti insistere ma sono così maestose e piene di luce che non è proprio possibile smetterla di farlo. E allora riprendi la conta partendo da sinistra della luna. Perché smettere di contare le stelle è ammettere di non avere più sogni da realizzare. I più stupidi, i più banali magari ma che, potrebbero essere semplicemente ritrovarsi. Con il cielo, con se stessi e con chi amiamo. 


a karpathos ...



   Το πρωινό της γιαγιάς του Georgios
Ovvero una delle colazioni che la nonna di Giorgio ci fa trovare la mattina.
Ieri budino di riso alla vaniglia. 
Oggi frittelle ricoperte di miele.

lunedì 18 giugno 2018

“In vettura... ”
Parsiro non avirlo  sintuto. Continuavano a taliarsi senza parlari. Stringennosi sempre cchiu forti la mano. Nisciuno dei du’ sentiva la gana di lassari  la presa.
Il treno accomenzo’ lentamenti a cataminarisi.
Non lo vittero  manco partiri.
Tutto ‘nzemmula s’attrovaro in un silenzio irreali, erano come chiusi dintra a ‘na bolla fora dallo spazio e fora dal tempo.
Lessarono la presa della baligia e di scatto s’attrovarono uno nelle vrazza dell’autro, in un abbrazzo convulso. 
“E ora?” Arrinisci’ ad addimannare Montalbano.
“Ora siamo qui.”

Il metodo Catalanotti. Andrea Camilleri.
Sarebbe potuto succedere quel concerto di dieci anni prima. Avrebbero potuto ascoltare la loro canzone. Una delle loro canzoni ma la vita aveva detto no. Troppe complicazioni, troppe feste che sarebbero coincise subito dopo, il cielo, la terra, il vento, ogni cosa sembrava avversa ad una stupida serata che forse, perché mai avvenuta, a dieci anni di distanza era cresciuta di magia. Perché si sa. Sono i sogni irrealizzati ad essere i migliori. Non devono fare i conti con la realtà. I sogni vincono sui ricordi che spesso ti deludono. Chissà perché, allora, quei biglietti strappati erano ancora così forti. Forse perché dieci anni di un sogno irrealizzato valgono dieci secondi e quella canzone, dentro di loro suonava forte e vibrante. Forse più di prima. Quando i sogni sembravano potersi realizzare. Perché si sa i sogni sono meglio dei ricordi ma se non li realizzi ti tramortiscono l'anima e non ti arrendi.







Aspettando che sua maestà il Sole ci venga a trovare.

domenica 17 giugno 2018

Erano la’. Proprio a quel tavolo. Proprio sotto quel pergolato. Il mare si sentiva in lontananza mentre una dolce musica sembrava ascoltare i loro discorsi. Era l’inizio dell’estate, erano lontani da tutto e da tutti e la loro felicità sembrava possibile. La luna aveva ammiccato alle stelle che non si contavano  solo come in quella terra antica succedeva dall’eternita. I loro fantasmi si erano alzati e prendendosi per mano si erano diretti verso il mare. 


Solo una cosa per l’anima. Mare. 
...
Lo talio’ negli occhi.
Salvo ricambio’ la taliata .

È tutto così semplice,
Si era così semplice,
è tale l’evidenza
che quasi non ci credo.
A questo serve il corpo:
mi tocchi o non mi tocchi,
mi abbracci o mi allontani.
Il resto è per pazzi.

Niscero azzuppati dalla doccia.
...

Il metodo Catalanotti, Andrea Camilleri.







venerdì 15 giugno 2018

Laggiù, sopra le nuvole del cielo c’era una nave da crociera fatta di nuvole. Avanzava leggera e maestosa scivolando appoggiata su un mare di nuvole piatte e placide. Era iniziato un viaggio meraviglioso, oltre il cielo, dove tutto è possibile e dove le nuvole divengono ciò che vogliono per realizzare tutti i sogni. Era solo l’inizio di un viaggio verso l’orizzonte infinito, senza una fine. Lei aveva chiuso gli occhi appoggiando la testa sulla spalla di lui. Il loro viaggio era iniziato. E tutto, oltre il cielo, si sarebbe realizzato.
Un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non vi era la distinzione tra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all'antica perfezione. Ciascuna delle due parti desidera ricongiungersi all'altra, formare un solo essere. E così è innato il desiderio d'amore gli uni per gli altri, per riformare l'unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare. Quando incontrano l'altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straordinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei nemmeno un istante. la loro anima cerca nell'altro qualcosa che non sa esprimere, ma che intuisce con immediatezza.....



La musica, che appare all’improvviso, dove meno te l’aspetti, 
ti fa credere ancora nella musica dell’anima.

Mi è sempre piaciuto credere che, alla distanza, le persone che per qualsiasi ragione si siano allontanate arrabbiate, ferite, indispettite, offese, poi, con la distanza, che offre sempre la possibilità di rivedere e rivedersi, tornino sui loro passi. Perché credo fermamente da sempre che amare, amarsi, rispettarsi, ritrovarsi, sia l’unica strada perché alla fine la vita valga la pena di essere vissuta e vissuta in un mondo migliore di uno pieno di astio e brutture. Mi è sempre piaciuto, svegliarmi la mattina e credere “Oggi sarà bello. Oggi tutto si aggiusterà”. Forse a pensarci bene non è un “piacere” ma, piuttosto un “essere”. E, al di là della vita che mi ha sbattuto in faccia che non sempre è così e che persone che avresti voluto accanto nella strada se ne sono andate, voltando le spalle ad una bella storia, convinte che il proprio modo di vedere ed essere fosse l’unico, preferendo chiudere la porta, io continuo a credere. In quelle persone, in tutte le persone e in un bel giorno. Che magari non sarà stato oggi, ma che potrebbe essere domani. Voglio continuare ad essere. Questo. Così. Perché non ci sono torti o ragioni. Ci sono solo le persone che devono solo avere dentro la voglia di capirsi, incontrarsi, trovarsi e ritrovarsi.
E ora si parte. A ritrovare il mare. 

giovedì 14 giugno 2018

A lei, che domani diventa grande. Donna fragile e coraggiosa, sensibile e tenace, dolce e determinata. A lei, che da quel giorno davanti a quella scrivania e quelle drammatiche parole, ha attraversato la vita mentre la vita cercava, invano, di attraversare lei. 
A lei,  che è stata capace di essere figlia, madre, amica ma, soprattutto, costantemente se stessa.  Una donna che domani taglia un traguardo con il suo meraviglioso sorriso, pronta a correre nella vita con le sue scarpe sportive belle come lei e a vincere sempre tutte le sue battaglie. 
A lei, semplicemente, auguri.
“Tutte le relazioni d’amore nascono da una mancanza, ci immoliamo a qualcuno che semplicemente sa accomodarsi in questo spazio aperto e dolorante per farne quello che vuole: farci del bene oppure distruggerci.” 

Margaret Mazzantini

La fritttata svuota frigor della solitudine


Ho strapazzato 4 uova, sale, pepe nero e parmigiano stagionato a scaglie grandi.
Ho riposto su carta da forno in una piccola teglia quadrata. Ho cotto a 200 gradi per 20 minuti. Ho lasciato raffreddare, tagliato a quadretti e impiattato a torre. Così mi sembrava meno “sola”. 

Come possiamo intenderci se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e il valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro?
(Luigi Pirandello)
C’erano state parole, carezze, gesta e poi ancora parole, carezze,  gesta. C’erano state le notti insonni, i pianti, i discorsi e poi ancora i discorsi, i pianti e le notti insonni. Non c’erano stata mai state corse in mezzo ai prati, pic nic in montagna o gite al mare. Non c’erano stati film e divani come nelle favole. Non c’erano state partenze o ritorni con la valigia ma solo partenze da loro e i ritorni erano stati sempre più duri e difficili. Il loro paradosso era che se nella vita, lo scorrere della vita, donava certezze e sicurezze mentre in loro, lo scorrere del tempo,  creava voragini buie e profonde. Forse sarebbe stato così anche con una valigia in mano. O forse, invece, su quella montagna o sulla quella spiaggia avrebbero trovato la pace. Ma non era stato possibile e il loro era stato solo un lungo pellegrinaggio verso anche un solo giorno di apparente serenità per restare semplicemente li’, in un finto mondo che non sarebbe stato mai il loro.  Ogni giorno, tutti i giorni. Senza andare mai al mare. Senza mai un sorriso. Era amore. Era certo. Era certo un amore impossibile. 
“Fiducia” è il primo nome di battesimo di “Amore”.
 È il fidarsi dell’altro che può, dal buio più profondo, elevarti verso la luce del sole.
Lei aveva aspettato un cenno di lui. Lui aveva aspettato quello di lei. Ma la paura di essere feriti ancora una volta, senza motivo, li avevi congelati ai loro posti tenendoli lontani. Erano spaventati, consunti, inermi, scossi, stanchi, pieni di tutte le brutture che si erano riversati reciprocamente addosso. Eppure, lontani, erano niente, il vuoto, l'assenza, la mancanza, due bestie agitate e affamate, capaci di ricominciare a correre e sbranare. Quello stesso fuoco, che li aveva uniti infinite ubriacandoli di vita in ogni loro incontro, ora, quel fuoco, avrebbe divorato poco alla volta, le loro anime. Lo sentivano. Lo sapevano. E quello che sarebbe potuto ed era stato anche se per pochi istanti ripetuti milioni di volta, il paradiso, ora sarebbe stato l’inferno. Quello stesso fuoco che li aveva innalzati, uniti, oltre ogni limite, ora li stava, divisi, logorando e distruggendo. Sarebbe bastato che lei. Sarebbe bastato che lui. Ma loro sapevano che nel loro mancato inizio abitava la loro mancata fine. Così era sempre stato. Così sarebbe stato per sempre. Tutto avrebbe continuato a bruciare e ardere e loro, lontani, si sarebbero cercati per sempre. 

mercoledì 13 giugno 2018

Ci sono finestre dalle quali ti affacci e,
 che saluti qualcuno andare via o guardi un meraviglioso tramonto, 
ciò che ti coglie è sempre una sensazione struggente.


Tutto passa, ma non c’è eternità che sappia spegnere la vita ardente che ieri assaporai sulle tue labbra, 
quella vita che ora sento in me…
(Goethe)
... e penso che mi piace tanto l’idea della libreria come riparo, anche solo temporaneo, mi dico che se dovessi pensare a una funzione sociale per le librerie, oggi, sarebbe proprio questa: di rifugio. ...

La vita fino a te. Matteo Bussola.

Pronti per la valigia


Ci sono dei  “buongiorno” vuoti e formali che accompagnano le nostre giornate. Sono quelli delle persone che incrociamo ogni giorno negli stessi corridoi e dietro ai soliti angoli della vita. Vorremmo a volte, piuttosto, tacere. Per non essere finti. Ma la vita ci ha insegnato che dobbiamo essere in un certo modo per noi stessi e per gli altri. Ci sono  degli “addio” vuoti e formali. Perché non ci crediamo in quello che diciamo, perché non vorremmo ne’ dirli, ne’ viverli ma, quella stessa vita dei buongiorno, ci costringe, ancora una volta ad essere diversi da come vorremmo essere. E ancora una volta, parliamo quando vorremmo tacere. 
... Per questo le donne non ci completano, ma ci cominciano, mente noi uomini invece a volte le finiamo, ed è questa la vera tragedia. ...

 La vita fino a te. Matteo Bussola

martedì 12 giugno 2018

La vita fino a te, Matteo Bussola

Certi libri non li scegli tu, sono loro a scegliere te. Succede come fosse magia. Come se loro, tra i miliardi di pagine, di miliardi di libri, ti dicessero “prendi me, ora, proprio adesso, hai bisogni di me”. Così è stato con “La vita fino a te”. Arriva al cuore, ma forse ancora un po’ più giù. Al cuore del cuore, che, grazie a lui, ora ha un nome anche per me che lo sentivo solo esistere e battere. Con i racconti di queste pagine ti fermi, sorridi, piangi, ti commuovi, speri, cadi, rifletti, ti rialzi. È un libro che ti cura. Attraverso la strada apparentemente semplice di scrivere, ma la più difficile da intraprendere. Quella di mettersi a nudo davanti agli altri ma soprattutto con se stessi. Peccato averlo letto prima della partenza. La, di fronte al mare, insieme a quel cullare delle onde, sarebbe stato, se possibile, ancora meglio. Chissà, forse un vestito in meno e un libro già letto in più sarebbe un’idea. 
Da regalare, da regalarsi. 

lunedì 11 giugno 2018

Notturno di albicocca

Nell’insonnia notturma ho lavato e spezzato venti albicocche. Ho aggiunto zucchero bianco per circa metà del peso totale della frutta, mezzo limone spremuto e la buccia a pezzetti. Ho cotto per circa due ore e all’alba ho riempito tre barattolini sterilizzati.  
Colazione con aggiunta di pesche bianche e yogurt al pistacchio e mandorle tritate. 

venerdì 8 giugno 2018

Chissà perché certe persone decidono di lasciare la tua mano mentre stavate percorrendo un pezzo di vita insieme.
Ogni volta che succede è come ricevere uno schiaffo mentre te ne stai accoccolato sotto un plaid con un bel libro o un bel film. Una sorpresa. Mai definitivamente compresa e condivisa.
Forse succede perché ad un certo punto l’altro, invece di aver preparato i pop corn da sgranocchiare o la tisana da bere, insieme sotto quel plaid, inizia a camminare solo. Con sé e non insieme a te.
Eppure viaggiare insieme nei viali della vita ha sempre qualcosa di magico e rassicurante. Dovrebbe essere la scelta scontata, inevitabile, cercata e voluta. Perché è dagli imprevisti della vita che ci dovremmo difendere e non dalle persone che la popolano. Loro dovrebbero aiutarci ad affrontare quegli imprevisti, saltare gli ostacoli, superare i momenti bui. Dovrebbero essere l’ombrello in un improvviso temporale estivo. Un dolcevita in cachemire in una sera d’inverno, un vino bianco ghiacciato in una sera sulla spiaggia. Viaggiare con qualcuno al nostro fianco dovrebbe essere la scelta con la s maiuscola e dovremmo essere certi di poter affidare a loro solo per il fatto che abbiano deciso di prenderla la nostra mano.
Perché stare sotto quella coperta insieme non è difficile, basta solo lasciarsi andare un po’ senza tirare la coperta pretendendo di avere più spazio su quel divano.

Budini veloci a freddo

Panna da cucina
Nutella
Rhum
pesche noci
pesche bianche
albicocche
miele all’arancia
marmellata di pesche per insaporire
Avevano parlato spesso di cosa fosse per loro l’amore. Se lo potevano permettere perché loro non parlavano d’amore. Perché loro non parlavano di futuro. Come due amici che giocano una partita di tennis sapendo che non affronteranno mai una vera competizione, si erano divertiti per tanto tempo a palleggiare senza una coppa in gioco. E così era diventata, giorno dopo giorno, una parte delle loro conversazione, libera e aperta. Quasi a stuzzicarsi, sbizzarrendosi in ipotesi assurde e lontane, esplorando un mondo che avrebbero solo visto da lontano. Curioso e a volte divertente. Cos’era l’amore? Quali sacrifici si dovevano fare per l’altro? Era giusto farli? Ognuno in amore doveva poter restare lo stesso o doveva essere, per amore, disposto a cambiare e assecondare? E qual’ era il limite giusto tra il darsi spontaneamente dell’uno e il pretendere dell’altro? Erano amore libertà e fiducia? O piuttosto lo erano dimostrazioni, prove e concessioni? Si erano sempre trovati intimamente distanti anche quando scherzavano. Una serie di chilometri lunghi tanto quanto la loro provenienza, il loro carattere, la loro educazione, le loro poche ma significative esperienze e soprattutto il modo in cui si erano sempre affacciati alla vita. Non trovando un punto di congiunzione, ogni volta, avevano fatto cadere l’argomento perché sentivano che si sarebbero scontrati senza averne un valido motivo per cui doversi appigliare e rovinare quella passeggiata, quel parco, quel film, quel momento tutto loro che erano riusciti a rubare alla vita. Meglio godersi la reciproca presenza senza approfondire. A volte, per ridere e sdrammatizzare arrivavano a prendersi in giro ipotizzando situazioni e momenti. Farsi crescere la barba perché a lei piaceva poteva essere un segno d’amore nonostante a lui desse tremendamente fastidio? Certo. Lui lo avrebbe fatto. Comprarsi un paio di mocassini classici demodé e indossarli come fossero i suoi sandali preferiti tacco 12 e solo perché a lui avrebbe fatto piacere vederla così Certo. Lei lo avrebbe fatto. Poi un giorno era arrivato quel giorno. Il giorno in cui quell’argomento aveva preso sempre più spazio e peso e valenza e loro avevano iniziato a perdere quei film, quelle passeggiate, quei gelati, per discutere di cos’era l’amore e di quanto era misurabile in ciò che l’uno poteva avere dall’altro. E allora loro erano cambiati perché le discussioni li avevano inghiottiti e il gioco era diventato un po’ reale e anche se a quella competizione non avrebbero mai partecipato, le loro distanze avevano rotto il gioco. La fiducia a prescindere nella piena libertà era stato lo scoglio che dopo migliaia di supposizioni e qualche simulazioni non erano riusciti a superare. Si erano incagliati ed erano così andati, senza motivo, alla deriva. I film non li avrebbero più visti mano nella mano, le vie del centro non avrebbero più ascoltato le loro accese discussioni, i gelatai non li avrebbero più visti indecisi davanti alla vetrina, gli alberi del parco non li avrebbero più scorsi camminare e sedersi stanchi sotto di loro. La vita sarebbe andata avanti senza quel loro che loro avevano creduto così speciale e indistruttibile. E ogni volta che le parole fiducia e pretesa fossero apparse in qualche pagina della loro vita, loro sarebbero stati profondamente tristi perché solo loro sapevano quanto quel loro incontro era stato speciale e unico.

giovedì 7 giugno 2018

Ti aspetto sulla Via Lattea
al chilometro numero nove
dove comincia il sentiero per Sirio.
(in questa o nella prossima vita).
non è un mio patetico delirio
nè il sogno pazzo di un amante:
è l’eterno-presente-desiderio
che gioca fino in fondo la partita.
è l’amore, indistruttibile diamante.
(Francesca Genti)

Quando, Pino Daniele

Tu dimmi quando, quando
Dove sono i tuoi occhi e la tua bocca
Forse in Africa che importa 
Tu dimmi quando, quando
Dove sono le tue mani ed il tuo naso
Verso un giorno disperato
Ed io ho sete
Ho sete ancora, ho sete ancora
Tu dimmi quando, quando
Non guardarmi adesso amore
Sono stanco
Perché penso al futuro 
Tu dimmi quando, quando 
Siamo angeli che cercano un sorriso
Non nascondere il tuo viso
Perché ho sete, ho sete ancora, ho sete ancora
E vivrò, sì vivrò 
Tutto il giorno per vederti andar via
Fra i ricordi e questa strana pazzia
E il paradiso, che forse esiste
Chi vuole un figlio non insiste
Oh no, oh no
Tu dimmi quando, quando
Ho bisogno di te almeno un'ora
Per dirti che ti amo ancora
Tu dimmi quando, quando
Lo sai che non ti avrò e sul tuo viso
Sta per nascere un sorriso
Ed io ho sete, ho sete ancora, ho sete ancora
E vivrò, sì vivrò
Tutto il giorno per vederti andare via, uh
Fra i ricordi e questa strana pazzia
E il paradiso, che forse esiste
Chi vuole un figlio non insiste
Oh no, no, no
Lo sai che non ti avrò e sul tuo viso
Sta per nascere un sorriso
Io ho sete, ho sete ancora, ho sete ancora
Tu dimmi quando, quando, mmh

mercoledì 6 giugno 2018

A loro ...

... “ Il punto non è rinunciare a essere se’ stessi, annullandosi in una relazione, ma trovare l’elemento giusto che si combina con te e ti valorizza.” ...



Temere l’amore è temere la vita, e chi teme la vita è già per tre quarti morto.
Matrimonio e morale. Bertrand Russel



martedì 5 giugno 2018

Cantano soprattutto la notte. Cone se sapessero di qualcuno in ascolto o incuranti di svegliarlo. Cantano come se non ci fosse un domani, come se dovessero dirsi, o dirti, tutto proprio ora. Senza  zittirsi un attimo in sequenze ripetute, ritmate e incredibilmente musicali.
Sono li’, da qualche parte, di fronte alle finestre e sembrano voler ricordare, giorno e notte, quanto è bella la vita è quanta musica abbiamo dentro di noi. Sembrano volerci rammentare che dobbiamo provare a suonarla ogni giorno la nostra vita, proprio come fanno loro. Loro sembrano felici.


Voglia di “quasi dolce” all’ultimo momento

Ho emulsionato yogurt greco magro, marmellata di pesche fatta ieri sera, miele all’arancia. Ho riposto in coppette e contornato di brigidini freschi di Toscana.
Se un angelo li avesse guardati dall’alto non avrebbe visto che fantasmi di ciò che erano stati per tanto tempo, derelitti di quanto erano stati a lungo. Quell’angelo avrebbe individuato pezzi della loro anima. Era successo, incredibilmente, ciò che succede a chi vive e ad un certo punto consuma. Loro erano stati capaci di disfare anche ciò che non avevano costruito. Come un gomitolo mai riuscito ad essere una sciarpa calda e accogliente. Avevano intessuto qualche punto per poi disfarlo. Una maglia al dritto e uno al rovescio e poi di nuovo solo un filo. Sempre più consunto e sottile. Avevano avuto la straordinaria maestria di distruggere anche ciò che non era sorto. Di smantellare ciò che non era stato eretto. L’angelo, se li avesse guardati un po’ attentamente, avrebbe visto due reduci di guerra senza avere avuto motivo di combattere, due nemici che avrebbero potuto essere fratelli e amici e che invece avevano deciso di lottare ognuno per sé come se quella fosse una battaglia e dove avrebbe dovuto esserci amore, era rimasto sangue.  L’angelo, se fosse stato loro alleato, ora non avrebbe visto uno sfacelo e un campo di battaglia con feriti. Ma forse, quell’angelo, aveva avuto cose migliori e più grandi di cui occuparsi. O forse erano stati loro a non guardare, insieme, il cielo e tutte le meraviglie che avrebbero potuto divenire. 



domenica 3 giugno 2018

Cosa diremo agli angeli, Franco Stelzer

Spunti di riflessioni particolarmente interessanti dopo fotografie quasi assurde ma, nello stesso tempo, assolutamente possibili dello scorrere della vita davanti a noi e al nostro fianco.
Da leggere con calma e disponibilità d’animo.



La vita è troppo breve per bere vini mediocri.
(Johann Wolfgang von Goethe)



Et però credo che molta felicità sia agli homini 
che nascono dove si trovano i vini buoni. 
Leonardo Da Vinci.

Tienimi per mano al tramonto, quando il giorno si spegne e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle… Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto… Tienimi per mano… portami dove il tempo non esiste…
Hermann Hesse

venerdì 1 giugno 2018

A volte succede che, le inferriate e i muri della mente, 
non ci fanno cogliere le meraviglie di cui potremmo godere. 

Polvere, Enrico Pandiani

Pandiani non delude. Ti coinvolge, ti trascina, ti avvolge e a te sembra proprio di essere lì dentro. In quelle pagine dove il crimine, la crudeltà, la dura realtà ma anche la passione e l’amore e i desideri si incontrano e scontrano senza fermarsi. I suoi personaggi sono dai contorni nitidi e ciò che vivono, altrettanto. Quattrocento pagine da leggere. Sotto un violento temporale estivo o sotto l’ombrellone.

... quand on le laisse seul, le monde mental, ment monumentalement ...
Ne avevano parlato solo pochi giorni prima. Rifugiarsi per qualche ora insieme in quel luogo magico che loro chiamavano “dove noi siamo noi” e così lei lo aveva aspettato, invano e con un dolore cocente che cresceva con il passare delle ore e nel capire che lui non sarebbe arrivato. Da quell’attimo in cui  il progetto era sembrato realizzabile, erano passati pochi giorni ma forse, a pensarci bene, erano cento anni. Perché tra loro era così sempre. Il tempo che non avevano mai avuto li aveva trasportati in una dimensione così lontana dalla realtà che nulla accadeva come per tutti gli altri.  Forse perché nulla era cambiato. Tutto immobile. Tutto ibernato. Nel bene. Nel male. Nella buona e nella cattiva sorte. Senza che la buona sorte, in realtà, fosse mai andata a trovarli. Lei lo aveva aspettato come in quella torrida estate dove lo aveva implorato di raggiungerla, senza avere risposta. Ora però più che mai, senza fosse successo nulla che non l’ennesima replica, lei sentiva che quello era un punto di non ritorno. Forse perché aveva accettato troppo. Forse perché lui non aveva più bisogno di lei. Forse il tempo aveva iniziato ad essere reale. Forse il loro sogno era finito. E ora le lancette avrebbero iniziato a girare correttamente e loro, vecchi, avrebbero dovuto fare i conti. Le rughe si contavano. Come tutti i momenti che avevano perso. 

Panini integrali brie e praga

Ho impastato 1 uovo con 100 grammi di burro, 100 grammi di farina integrale, un pizzico di sale e la punta di un cucchiaino di lievito istantaneo per impasti salati. Ho aggiunto 100 grammi di brie tagliato a piccoli cubetti e 50 grammi di prosciutto di praa frullato grossolanamente. Ho fatto delle piccole palline e le ho adagiate su carta forno. Ho cotto per circa 40 minuti a 180 gradi.