venerdì 1 giugno 2018

Ne avevano parlato solo pochi giorni prima. Rifugiarsi per qualche ora insieme in quel luogo magico che loro chiamavano “dove noi siamo noi” e così lei lo aveva aspettato, invano e con un dolore cocente che cresceva con il passare delle ore e nel capire che lui non sarebbe arrivato. Da quell’attimo in cui  il progetto era sembrato realizzabile, erano passati pochi giorni ma forse, a pensarci bene, erano cento anni. Perché tra loro era così sempre. Il tempo che non avevano mai avuto li aveva trasportati in una dimensione così lontana dalla realtà che nulla accadeva come per tutti gli altri.  Forse perché nulla era cambiato. Tutto immobile. Tutto ibernato. Nel bene. Nel male. Nella buona e nella cattiva sorte. Senza che la buona sorte, in realtà, fosse mai andata a trovarli. Lei lo aveva aspettato come in quella torrida estate dove lo aveva implorato di raggiungerla, senza avere risposta. Ora però più che mai, senza fosse successo nulla che non l’ennesima replica, lei sentiva che quello era un punto di non ritorno. Forse perché aveva accettato troppo. Forse perché lui non aveva più bisogno di lei. Forse il tempo aveva iniziato ad essere reale. Forse il loro sogno era finito. E ora le lancette avrebbero iniziato a girare correttamente e loro, vecchi, avrebbero dovuto fare i conti. Le rughe si contavano. Come tutti i momenti che avevano perso. 

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