domenica 15 dicembre 2013

Per dieci minuti, Chiara Gamberale

Il più bello dei regali da fare e farsi e da fare e farsi prima di Natale.  E’ quello che può sembrare un romanzo leggero per poi farti scoprire che tra queste righe trovi una ricetta di cui probabilmente  avevi già sentito parlare ma che quando trovi realizzata e pronta all’assaggio, chissà com’è, puoi pensare che sia da preparare con le tue mani, con la tua vita.
“  … Le va di fare un gioco? Quale? Per un mese, a partire da subito, per dieci minuti al giorno, faccia una cosa che non ha mai fatto. Una qualunque. Basta che non l’abbia mai fatta. E poi, dottoressa, alla fine che succede? Avrò indietro la mia vita? Ne riparliamo fra un mese, Chiara. Intanto giochi, s’impegni e non bari mi raccomando.
Ogni tanto, ultimamente, mi sembra di andare, non so come dire: sottovuoto.
Venendo al mondo, riceviamo in dono uno strumento bello: dobbiamo essere alla sua altezza. Oltre che bello è delicatissimo, quello strumento: nostro, solo nostro, il compito di usarlo con potenza.
Chissà perché certi abbandoni sono così netti e certe riconquiste così vaghe.
Non lo conosco. O magari lo conoscevo, ma ora non lo conosco più? No, no: no. Questo non è possibile. Conoscere davvero qualcuno è qualcosa di talmente complesso, raro, fatale. Conoscere davvero qualcuno è per sempre.
E una minore intensità di aspirazioni senza dubbio permette una maggiore coincidenza con la propria vita.
Dentro momenti come questo bisogna cadere con le braccia, le gambe, il cuore, i polmoni. Tutto. Bisogna andare fino in fondo, bisogna marcire.
Le ossessioni non si offendono se le trascura, anzi. Trascurarle è l’unico modo per mandarle via.
Purtroppo o per fortuna bisogna essere in due a voler essere in due.
Scrivere è, semplicemente, il mio unico rimedio all’esistenza.
Ma poi è arrivata quella mattina. Dove misteriosamente ho sentito che non faceva più così tanto male là dove faceva male. O che forse, ormai, a quel dolore mi stavo abituando. E che in un modo o nell’altro, insomma potevo andare avanti.
Scegli: o dentro, o fuori. Ma se stai sulla porta mi blocchi il traffico.
Sai, mi manca sempre. Sempre. Ma avere a che fare con i suoi dubbi e le sue paure, dopo tutto quello che è successo, mi fa solamente sentire ancora più forte la sua nostalgia. La nostalgia di noi.
Cambiare è mortale. Cambiare è vitale.
E penso a quello che ho vissuto, a quello che vivrò, a quello che sto vivendo adesso. Perché nelle infinite semplificazioni con cui crediamo di metterci in salvo e dentro cui invece ci perdiamo, c’è una cosa, una soltanto, che non può venirci dietro, che non possiamo ingannare. Questa cosa è il tempo. C’è qualcosa di pochissimo, se siamo felici. E’ qualcosa di tantissimo se siamo disperati. Comunque sta lì. Con una lunga, estenuante, miracolosa, serie di dieci minuti a disposizione. Abbiamo l’occasione di farci quello che ci pare, con la maggior parte di quei dieci minuti. Ma ci sono momenti in cui non riusciamo proprio a coglierla, l’occasione. Ci sono momenti, in cui, anzi ci pare una disdetta. Quei momenti sono bugie. Per fortuna, però, poi, ci sono momenti come questo. In cui Antonio Rezza dice "Rita". E noi dobbiamo saltare. Nudi. Saltare .  E basta.”

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