martedì 19 luglio 2016


Dopo averlo scritto (mentre continuavo ad avvertire un sottofondo di indefinibile non convinzione) e averlo sentito almeno una decina di volte dall’inizio della giornata, sono andata a rispolverare il perché ...

… Sebbene l'espressione venga frequentemente ricollegata alla spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi, la sua origine non ha a che vedere con tale evento storico. 

La parola “mille” è semplicemente un numerale indeclinato che in molte circostanze è utilizzato nella lingua italiana per indicare una cifra considerevole, una grande quantità. Il termine era già usato nella lingua latina, lo si ritrova infatti in Catullo (“Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum” ovvero “Tu dammi mille baci, e quindi cento, poi dammene altri mille, e quindi cento, quindi mille continui, e quindi cento.”) mentre in letteratura comparve a partire dall'800, con Pascoli (“Diceano i grilli grazie mille in coro”). Oggi è rimasta questa espressione e, anche se nel mondo moderno 'mille' può sembrare un numero piccolo, tradizionalmente è considerato un numero molto elevato. Accanto a 'grazie', vuole quindi indicare la quantità di volte che si intende ringraziare qualcuno, in questo caso la cifra è però indefinita.

Riflettevo che  “Mille grazie” mi sembra comunque una forma più ricercata e, al suono, indubbiamente più “intonata”.

Ecco, mi era bastato rileggere e fermarmi un attimo per dare un po’ di luce a quel sottofondo, schiarirmi le idee, capire cosa non mi tornasse e ricominciare con una musica più dolce. Almeno alle mie orecchie.




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