lunedì 26 marzo 2018

A noi

Dicono che l’amore basti. Dicono che sia il trucco perché quel di cui sia per sempre. Dicono che l’amore si trasforma in altro ma questo te lo confermano solo dopo. E a quel punto si sbilanciano e aggiungono che, certo, bisogna fare magie affinché sia durevole. All’inizio, nella favola, è il protagonista cui tutto il resto, compresa e soprattutto la felicità, sembra pendere dalle labbra. Poi, quando le pagine sono sfogliate, lette, o scritte sulla pelle, comprendi che è costruzione, impegno, cura, dedizione. E a volte è tardi e tu non ti senti un incapace, inacapace di amare ma, semplicemente, sfortunato. Ma poi, con un po’ di attenzione, capisci di appartenere semplicemente alle generazioni in mezzo ai due mondi. Quelli dei genitori, coppie uniche e apparentemente unite, che nulla raccontavano, che molto davano per scontato e che non potevano mettere in discussione se stessi, figuriamoci la loro unione. E il mondo che è arrivato dopo. Dove tutto è minato, analizzato, osservato e contraddetto. Di quel mondo dove si discute in ogni attimo e dove l’io imperversa e tutto è oggetto di analisi e spesso pare sia quasi educativo distruggere per poi ricostruire. L’amore e a volte anche l’altro. Ieri sera ero lì, rappresentante confusa tra due generazioni certe. Coppie antiche, unite da sempre, comunque e nonostante tutto. Saldate a fuoco dal più abile dei saldatori. Granitiche e senza un apparente perché. E coppie giovani, giovanissime, moderne, libere, provocatorie, indipendenti. Pronte a sciogliersi ancora prima di unirsi, senza drammi e traumi. Ero lì un po’ confusa, un po’ spaesata, un po’ affascinata. A domandarmi perché chi doveva raccontarci e dare qualche strumento in più da suonare nella band della vita, ha dato per scontato che l’esempio silenzioso davanti a noi sarebbe stato facile da riprodurre senza pensare che il mondo stava cambiando. A domandarmi se coloro che sono arrivati sapranno leggere, ascoltare, guardare, meglio noi, generazioni della terra di mezzo che abbiamo pagato lo scotto. Gli incapaci sfortunati. 

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